Il palazzo di Tauride (Elio Bartolini) Rusconi 1° edizione
Molto buono Corpo del libro perfetto - leggero "ingiallimento" pagine e bordi. Seconda pagina dopo copertina leggermente più ingiallita. presente una superficiale abrasione che lascia trasparire lievemente residui di biro. Sovracoperta leggeri segni d'uso. Brossura con sovracoperta - pagine 135 Rusconi - Narrativa Rusconi Anno:° edizione Il «palazzo di Tauride », l'antica sede della Duma aristocratica e borghese da dove poi Lenin doveva proclamare le sue famose "tesi di aprile", nella metafora di questo romanzo è diventato una clinica. La narrazione è semplice: una signora veneziana, Anna, trovandosi casualmente lontana da casa, va a trovare Mirta, l'amica « del tempo dei tempi» adesso ricoverata in una clinica; le due parlano, ricordano, confrontano, si confidano, soprattutto si scrutano e si giudicano; finisce che l'una chiede all'altra d'essere aiutata a morire. Ma è anche il racconto emblematico di un fallimento: quello della generazione sessantottesca convinta, specie nelle sue donne, che lei, il mondo, stavolta lo avrebbe rovesciato sul serio e che cambiava il modo stesso di vivere. Oggi, le «compagne» d'allora sono signore sotto i quaranta, borghesi e perbene. Quando - come Mirta - non appaiano bloccate da qualcosa di più grave della malattia: una resa, un'indifferenza alla vita, un cupo desiderio di annientamento. Oppure - come Anna - non si ostinino dietro la loro gioventù, i suoi riti, i suoi fantasmi non sempre raccomandabili, cercando impossibili rivalse che la narrazione, nel suo farsi storia anche privata e di personaggi oltre che emblematica e generazionale, mette a fuoco con struggente rattenimento. Tecnicamente, Il palazzo di Tauride si regge su tre piani di discorso diretto-indiretto e sul loro continuo interscambio. Anzitutto c'è Anna che parla con Mirta, a volte con l'abbandono che si può avere «davanti ad un oracolo », altre con invelenito memore sospetto, infine inorridendo da ciò che si sente proporre. Ancora è Anna: a raccontare i fatti ad una terza persona che li sente solo narrare, ma che tende a sistemarli il più possibile nella loro successione e nelle loro ragioni se poi dovrà giudicarli. E c'è un terzo registro dove i fatti, lontani da ogni censura come da ogni idealizzazione, tornano, fortemente visualizzati, in un'anonima impassibilità: forse quella del registrtore su cui Anna vorrebbe aver inciso, perché adesso fosse indiscutibile, ogni parola del suo lunghissimo discorrere con Mirta. Su questo continuo scambio e su una durata dove il tempo di lettura coincide con quello dell'azione, il romanzo punta per strappare, fino alle resistenze più filiformi, il segreto di due donne che diventa il loro giudicarsi ed insieme il giudizio su un'intera generazione.